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"I gà un cuor che no xe suo"
(Dicesi di quelle persone talmente altruiste da anteporre i desideri del cuore degli altri a q
uelli del proprio)
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«Venezia splende come una bella donna. Non ha bisogno di essere illuminata perché lei stessa emana luce... Ho trattato quella stupenda città come un amore, mi ricorda la parte più romantica che è in ognuno di noi.»
(Marcello Gatti)

Sviluppo urbano nell'antica Venezia




Lo sviluppo urbano di Venezia è stato fortemente condizionato dall'ambiente naturale così insolito: la disposizione dei suoi spazi è stata dettata infatti dal continuo rapporto terra-acqua.
Per potersi sviluppare, la città ha dovuto strappare all'acqua il terreno su cui sorgere, rassodando con palafitte di legno o con strati di pietra gli isolotti situati nei luoghi maggiormente difendibili, tanto che il suo tessuto urbano ha assunto caratteristiche apparentemente casuali.
La laguna ha condizionato anche il gusto dei suoi abitanti, perché i rapporti spazio-colore e architettura-luce divennero fondamentali. L'architettura è misura e costruzione dello spazio, ma a Venezia lo spazio si trasformò in luce e colore.
E' facilmente intuibile come ambiente, clima e costume degli abitanti furono gli elementi che maggiormente condizionarono la realizzazione degli edifici pubblici e privati.
La prima accurata descrizione dell'ambiente lagunare è quella del prefetto romanoCassiodoro (VI secolo): "abitanti liberi e autonomi le cui risorse di vita sono la pesca e il sale, e le loro abitazioni sono per lo più di legno con tetto di paglia, materiali adatti ad un terreno fragile e fangoso".
Già nel IX secolo, in alcune zone dal terreno più compatto, si incominciò a costruire anche con la pietra, materiali provenienti per lo più dagli edifici romani distrutti dalle orde barbariche nelle zone di Aquileia e Altino.
Le case erano a due piani: quello inferiore in argilla, più umido, destinato a deposito e quello superiore in legno, più asciutto, ad uso abitativo. Le finestre erano strette, con inferriate, e non era ancora evidente, nella struttura, la distinzione tra i vari ceti sociali.
Nei quattro secoli seguenti si delineò (seguendo un principio policentrico, per cui intorno ad un campo e ad una chiesa si sviluppava il tessuto urbano) l'intera struttura della città, e a fine Trecento Venezia aveva già pienamente raggiunto la sua conformazione e dimensione, non molto diversa da quella che vediamo oggi.

Ponte della Guerra

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Il Ponte della Guerra collega Campo Santa Fosca con la Fondamenta Diedo. Su di esso, come in altri ponti veneziani, si svolgeva il Gioco della Guerra dei Pugni. L'idea era simile a quella dei tornei cavallereschi, una sorta di sfida tra due squadre avverse. Nominati i rappresentanti delle fazioni, si sceglieva il luogo adatto allo scontro che, per la particolare struttura della città, nel caso di Venezia era un ponte.
Il ponte scelto doveva avere adiacenti due fondamenta, necessarie per raccogliere la folla numerosa che assisteva. Inoltre il ponte era adattato con lavori di rafforzamento e, soprattutto, veniva curato l'escavo del rio affinché i combattenti, cadendo nell'acqua, non si ferissero.
All'inizio la Guerra si svolgeva con delle canne, precedentemente immerse nell'olio bollente per indurirle. Il 27 luglio del 1574 fu allestita una guerra delle canne in onore del re Enrico III di Francia al Ponte dei Carmini. I combattenti erano circa 600 e si affrontarono per quasi tre ore. Nonostante la relativa compostezza, dovuta alla presenza dell'esimio ospite, ci furono dei morti, tanto che Enrico III avrebbe esclamato: "Troppo poco per una guerra seria, troppa crudeltà per un semplice gioco".
Quella fu infatti l'ultima volta che si combatté con le canne, e il gioco venne poi sostituito dalla meno pericolosa Battaglia dei pugni.
Lo scopo era quello di gettare gli avversari nel rio sottostante. Vinceva la squadra che riusciva a tenere i suoi uomini sul ponte. Nel 1705 vennero definitivamente proibiti gli scontri.

Atlantide a Venezia




Anche Venezia ha la sua Atlantide: si tratta diMetamauco (Malamocco). Verso l'estremità sud dell'isola del Lido c'è oggi una borgata, Malamocco, in bilico tra mare e laguna, che ha ereditato il nome dell'antichissima Metamauco, culla della storia della Serenissima.
Metamauco venne probabilmente fondata dai padovani in fuga dalle invasioni barbariche nel VI secolo, quindi divenne sede del Governo veneziano negli anni dal 742 all'810, quando in seguito all'assalto dei Franchi guidati da Pipino, figlio di Carlo Magno, il doge Angelo Partecipazio decise di trasferire la sede ducale presso le isole realtine (da "rivo alto"), all'interno della laguna e quindi più facilmente difendibile.
Le cronache parlano di un violento terremoto avvenuto nel 1106 che avrebbe causato l'inghiottimento di Metamauco da parte del mare. A tutt'oggi però, nonostante studi approfonditi e numerose ricerche effettuate nel mare circostante, di questo antico centro non si è trovato traccia.
Le supposizioni, le storie e le ipotesi che circolano attorno a questa Atlantide lagunare hanno finora soltanto alimentato la curiosità intorno a questa  leggenda.